Il ruolo del RTTP riveste un’importanza sempre maggiore nell’ambito del Trasferimento Tecnologico, un settore in continua evoluzione dove la gestione efficace delle conoscenze e delle innovazioni è fondamentale per favorire la crescita economica e sociale. Per comprendere appieno l’essenza di questa figura professionale e le sfide che essa affronta quotidianamente, abbiamo intervistato Andrea Ravaioli, Knowledge Transfer Manager presso Università di Bologna, RTTP e membro del Consiglio Direttivo di Netval.
Un’illuminante prospettiva sul ruolo cruciale del RTTP nel facilitare lo scambio di conoscenze e tecnologie tra il mondo della ricerca e quello dell’industria, nonché sulle strategie utilizzate per superare le sfide e massimizzare l’impatto delle innovazioni sul mercato e sulla società con un focus sul panorama italiano. Tema che è stato affrontato nel primo appuntamento del ciclo di Wednesday Webinar di Netval del 2024.
Il webinar – che si è tenuto il 7 marzo ed è stato aperto proprio da Andrea Ravaioli – si è focalizzato sul “Why and How of RTTP”: un confronto e uno scambio di buone pratiche sulla figura dell’RTTP tenuto da Jeff Skinner della London Business School e Alwing Wong, chair di ATTP.
Qual è il principale ostacolo che l’Italia deve affrontare per il pieno sviluppo del Trasferimento Tecnologico, in particolare per quanto riguarda la formazione e il riconoscimento delle professionalità come quella del TT manager?
Mi piace essere ottimista. Io più che ostacoli vedo delle sfide, che si traducono quindi in opportunità.
Per quanto riguarda il trasferimento tecnologico, di sfide in Italia ce ne possono essere tante. Pensiamo ad esempio alla sensibilizzazione di ricercatori e governance di università, enti di ricerca e IRCCS sull’importanza e sul “dovere” del Tech Transfer. O ancora da quelle normative e di regolamento, fino alle sfide sulla professionalità dei TT manager.
Da questo punto di vista credo che la formazione di queste figure sia importante, se non fondamentale. Solo in questo modo possono accreditarsi appieno sia verso i ricercatori che verso gli interlocutori esterni, come aziende e investitori.
I ricercatori dovrebbero trovare nel TT manager competenze, ruoli complementari e funzionali al successo del trasferimento tecnologico, così da favorire la creazione di rapporti di piena fiducia e collaborazione. Gli stakeholder esterni dovrebbero individuare nel TT manager la figura che facilita l’interazione con l’istituto di ricerca, la negoziazione dei termini tecnici, legali, amministrativi, economici, di proprietà intellettuale e la finalizzazione di partnership per il trasferimento dei risultati di ricerca innovativi con potenzialità di sviluppo verso il mercato e la società.
Puoi spiegare quali sono le competenze chiave identificate dall’ATTP per gli esperti del Trasferimento Tecnologico e come queste competenze si integrano nella figura del RTTP?
Le competenze “core” che ATTP ha individuato per i professionisti del knowledge transfer spaziano nei più svariati ambiti. A testimoniarlo è la varietà di skill che sono richieste negli uffici di trasferimento tecnologico, spesso ovviamente coperte da diverse figure all’interno dei team. ATTP le ha raggruppate in 5 principali ambiti:
- Competenze strategiche, di business development e commerciali
- Competenze imprenditoriali e collaborative per favorire partnership e nuove aziende
- Competenze tecniche, legali, scientifiche e di gestione della proprietà intellettuale
- Competenze di marketing, comunicazione e negoziazione
- Competenze di project management, in particolare per la gestione di complessi progetti di knowledge transfer con diversi attori coinvolti
Una realtà come Netval che ruolo gioca nel trinomio tra trasferimento tecnologico-ATTP e RTTP? Possiamo considerarla come ponte e catalizzatore per portare a livello internazionale esperti del settore dell’innovazione dal territorio nazionale?
ATTP è la “alliance” internazionale dei professionisti del trasferimento tecnologico. Ad ATTP aderiscono le associazioni nazionali che nei vari paesi riuniscono, a loro volta, gli enti e le persone che si occupano di knowledge transfer e valorizzazione della ricerca.
NETVAL è tra i 15 membri di ATTP. In questo contesto NETVAL si confronta con le associazioni della stessa filiera nel mondo per scambiarsi idee e best practices. In qualche modo promuove a livello internazionale il trasferimento tecnologico italiano.
Per quanto, da una parte, credo che sia nostro dovere favorire in primis lo sviluppo economico italiano, dall’altra credo che il contesto in cui muoversi per favorire il trasferimento tecnologico debba comunque andare oltre i confini nazionali.
Considerando che solo 10 persone in Italia hanno ottenuto lo status di RTTP, quali sono i principali fattori che ritieni abbiano contribuito a questa bassa rappresentanza? E quali iniziative sta intraprendendo Netval per aumentare le candidature RTTP da parte dei professionisti italiani del TT?
RTTP sta per “Registered Technology Transfer Professional”. Si tratta di un riconoscimento attribuito a chi dimostra di possedere le competenze da esperto del knowledge transfer.
Viene attribuito da ATTP in base alla valutazione di un panel internazionale di affermati professionisti del trasferimento tecnologico.
Sì, è vero, in Italia attualmente siamo 10 RTTP. Ci sono oltre 200 RTTP americani, circa 200 europei, 150 inglesi, 60 australiani e 20-30 in vari altri paesi (Sud Africa, Turchia, ecc). In termini numerici, i 10 RTTP italiani non sono rappresentativi delle tante figure professionali esperte in questo ambito e attive in Italia, in particolare negli uffici di trasferimento tecnologico.
Forse RTTP non è un sistema “universalmente” conosciuto e potrebbe spaventare la procedura di candidatura e selezione. Netval, nel contesto nazionale, sta lavorando per far conoscere RTTP all’interno della comunità degli addetti al trasferimento tecnologico per spiegarne i vantaggi, fornire le informazioni pratiche e per incentivarne le candidature.
I candidati RTTP possono presentare crediti formativi acquisiti partecipando a corsi accreditati da ATTP. Anche su questo si sta lavorando per accreditare alcune iniziative formative NETVAL, in modo che i partecipanti a questi corsi possano appunto acquisire crediti utili poi ai fini del conseguimento del RTTP.
Qual è l’importanza del riconoscimento dello status di RTTP a livello internazionale per gli operatori italiani del Trasferimento Tecnologico, nonostante attualmente non abbia validità legale in Italia?
Effettivamente il riconoscimento RTTP non ha validità legale in Italia. Anche a livello nazionale, però, c’è qualche segnale di riconoscimento dell’importanza della qualificazione professionale degli addetti al trasferimento tecnologico. A partire ad esempio dal nuovo codice della proprietà industriale: (art. 65-bis): “Il personale addetto all’ufficio [di trasferimento tecnologico][…] è in possesso di qualificazione professionale adeguata allo svolgimento delle attività di promozione della proprietà industriale del medesimo ufficio”.
Anche questo quindi è un tema su cui si può iniziare a ragionare. Per il momento, avere l’accreditamento RTTP, per un addetto al knowledge transfer italiano significa essere in linea con uno standard internazionale supportato dalle principali associazioni di tutto il mondo.
Come pensi che l’adozione dello standard internazionale del RTTP possa influenzare il panorama del Trasferimento Tecnologico in Italia e quali benefici potrebbe portare alle varie figure professionali coinvolte in questo settore?
Prima di tutto credo che avere un buon numero di RTTP italiani contribuisca a dar forza e accreditare a livello internazionale l’intero sistema del trasferimento tecnologico italiano. Per i singoli colleghi forse il maggior beneficio è attualmente il riconoscimento quando si interagisce in contesti internazionali, dove l’RTTP è più noto e diffuso. In futuro magari si potrà adottare e riconoscere anche in Italia uno standard di qualificazione professionale simil-RTTP, con relativi benefici per chi lo acquisisca.
Userò una di quelle “domande rito” per contestualizzare uno scenario futuro. Da “Come ti vedi nei prossimi cinque anni?” a “Come vedi il panorama del trasferimento tecnologico conclusa l’esperienza del PNRR e in uno scenario dei tre anni successivi?
Partiamo dalla seconda… una domandona. Proprio recentemente NETVAL ha organizzato la Winter School per fare il punto su PNRR e trasferimento tecnologico, ora che siamo praticamente al giro di boa del PNRR stesso.
Come è naturale che sia, magari è nella seconda metà dei progetti PNRR che emergeranno i principali risultati dei progetti stessi. E’ sulla valorizzazione di quei risultati che possiamo costruire il post-PNRR.
I milioni del PNRR finiranno. Se da quei risultati dei progetti PNRR riusciremo a creare valore e sviluppo economico e se le università, enti di ricerca e IRCCS riusciranno ad avere qualche ritorno da questo valore economico generato, si potrebbe creare un circolo virtuoso di trasferimento tecnologico anche per gli anni a venire.
Il PNRR ha anche contribuito ad accrescere il numero e la professionalizzazione degli addetti al knowledge transfer in Italia, che sono un po’ l’ “olio” di quel circolo virtuoso.
Dobbiamo augurarci che anche questo valore generato venga in qualche modo mantenuto anche post-PNRR. Io come mi vedo nei prossimi cinque anni? Magari una goccia di quell’olio, ma l’importante è che, nel complesso, di questo olio in Italia ce ne sia in giusta quantità e di buona qualità.
I PROSSIMI APPUNTAMENTI CON I WEWE DI NETVAL:
29 maggio 2024 – Open Data nella Ricerca Pubblica WE-WE – Open Data nella Ricerca Pubblica – Netval
3 luglio 2024 – Stato dell’Arte sul Brevetto Unitario WE-WE – Stato dell’Arte Sul Brevetto Unitario – Netval
16 ottobre 2024 – AI generativa e Proprietà Intellettuale WE-WE – AI generativa e proprietà intellettuale – Netval